Un segno nell’aria può salvare una vita
Io lavoro come infermiera in un centro di rianimazioni. Ed una mattina nei primi di giugno arriva una coppia inviata da un medico dell’ospedale chiedendo di una infermiera che lavorava in un Centro di Aiuto alla Vita per un consiglio. Loro si presentano e mi colpisce la donna: era bionda con un viso dolcissimo, due occhi azzurri luminosi che annunciavano la vita che già c’era in lei.
Loro in una saletta di rianimazioni mi pongono subito questa domanda: “Signora, noi vogliamo sapere da lei le conseguenze fisiche e psichiche di un aborto, perché sa, mio marito non sta bene”. Suo marito aveva un lieve diabete. Non insulino-dipendente, quindi non grave. Dice la donna “C’è la probabilità che il nostro bimbo nasca con una malformazione, il 50% di probabilità per cui mi hanno consigliato l’aborto. Cosa ne dice?”. Ecco di fronte a questa domanda saltati tutti i metodi di un colloquio calmo, sereno, che io dovevo fare, che in genere si fa con una coppia in quella situazione. Ero lì in una saletta di rianimazione dove si lotta con la morte, e con il mio occhio guardavo un ragazzo, figlio unico, in coma, che lottava disperatamente per la vita, dopo un incidente. Dall’altra parte vedevo questi due genitori che chiedevano la soppressione di una vita. Invocai lo Spirito Santo (penso che a Lui interessasse questo problema) e posi a loro una domanda che forse li avrebbe fatti riflettere e dissi: “Bisognerebbe chiedere ad un’altra persona che cosa si deve fare”. E loro: “No, signora, il medico ci ha detto che dopo aver sentito lei siamo noi che dobbiamo decidere”. Però, dopo, hanno chiesto: “Quale altra persona?”. Forse avevano l’ansia di scaricare questo problema su un’altra persona. Allora io dico: “ Quella persona è lui, è il vostro bambino che già è in mezzo a voi” e con l’indice della mano disegnai nell’aria il volto di un bimbo; poi dissi: “E’ qui in mezzo a voi. Bisognerebbe chiedere a lui se ha piacere di conoscere, di vedere il sole, le stelle, i fiori, i suoi fratellini e di assaporare la dolcezza di essere cullato dalla madre e dai suoi fratellini”. Calò un silenzio. Dissi: “Se voi mi permettete, verrò a casa vostra domani e ne parliamo”. Loro andarono via.
Il giorno dopo, quando andai a casa loro, li vidi, con stupore, molto sereni. Avevano deciso di accogliere una nuova vita, quella nuova vita.
I mesi passavano, la gravidanza proseguiva bene. Io, però, vi confido, avevo una grossa paura che il bambino non fosse nato sano. Un giorno il papà mi disse: “Sa, signora, quando noi abbiamo deciso di dire sì al nostro bambino? Quella mattina in rianimazione quando ci siamo parlati, lei ha disegnato con l’indice della sua mano il volto del nostro bambino. Sognai il mio bambino, svegliai mia moglie e dissi: -Accogliamo questo bambino! L’ho visto in sogno, a lui ho detto di sì-”.
E’ nata Daniela, una bambina sana, forte. E’ proprio vero che vale la pena di fare qualsiasi sacrificio per salvare una vita. Alle volte basta poco, amici, basta un segno nell’aria per salvare una vita.
(“Sì alla Vita”, aprile 2007)