Nuovi poveri nei Cav
Anche i CAV toccano con mano le ricadute dolorose della crisi che stiamo vivendo. A un CAV di “Vitatorino” viene indirizzata una coppia, marito e moglie, sposata da una quindicina di anni. Una famiglia media, serena fino a poco più di un anno fa: già due figli, un lavoro discreto per entrambi, impegni economici con mutuo bancario equilibrato per le possibilità garantite dal lavoro, vita sostanzialmente serena, ordinata. Ma all’improvviso un licenziamento mette il nucleo in seria difficoltà e poco dopo lo precipita nell’angoscia, quando anche la cassa integrazione, a lungo te-muta, diventa realtà. Come aprirsi a questo punto all’accoglienza di un terzo figlio che si annun-cia? Sono i “nuovi poveri” di cui ormai parlano molte statistiche. Anche per i volontari di un CAV non è facile occuparsi di queste situazioni, perché incontrano una riservatezza insolita in chi non è abituato a tendere la mano e a destreggiarsi nel circuito dell’assistenza, una sorta di pudore non nel confidare la difficoltà, ma nell’accettare senza intima umiliazione un aiuto che a volte, nei CAV, altri pretendono con deter-minazione. E a volte il sostegno psicologico – come nella vicenda che ha provocato queste righe – non può passare solo attraverso l’amicizia e la comprensione, ma richiede una competenza specifica, perché queste persone devono affrontare, insieme ai problemi concreti, pesanti adattamenti nella personalità alla nuova situazione, e questi richiedono ben altro intervento che parole di incoraggiamento. Nessuna strut-tura pubblica oggi le può offrire durature nel tempo. Ma qualche CAV anche a questo si sta attrezzando.