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    Storie di Vita

    Ma tu come mamma come mi vedi? –

    • gennaio 5, 2015

    Ho conosciuto Paola un po’ contro la sua volontà, spinta da Luca, il suo ragazzo da tre mesi, che ci ha contattati tramite e-mail chiedendo aiuto per convincere una sua amica a non abortire. Luca, 24 anni, un aborto alle spalle con un’altra ragazza (quando “non avevo ancora capito niente di cosa stava succedendo») si è subito aperto con me, dichiarando che l’ “amica” era la sua ragazza, che quel bambino era il suo bambino. E lui lo voleva.

    Il primo impatto telefonico con Paola è stato come ingoiare il riccio di una castagna. La sua avversione nei miei confronti, nei confronti di ciò che rappresentavo, è stata subitanea e non lasciava spazio al dialogo. Le ho parlato di cosa facciamo al MpV e di chi siamo, con il timore di sentire il rumore del telefono messo giù di colpo. Invece, nonostante tutto, mi ascoltava, accettava di ricevere il mio numero di telefono per chiamarmi se e quando avesse voluto.

    Dopo alcuni giorni di colloqui con Luca, Paola mi chiama. E parliamo. Di lei, della sua paura di restare ingabbiata in una relazione che non sa se è quella dell’ “insieme per sempre”, del suo timore di non essere pronta e adatta ad occuparsi di qualcuno che richiederà il cento per cento delle energie e del tempo. E del cuore. Poi chiede di me, se ho figli. E io le accenno di Nicolò, nato morto solo qualche mese prima. “Adesso come stai?”, mi chiede, e questa sua domanda, questa sua attenzione a me e al mio dolore, mi fanno scorgere lo spiraglio di quell’amore verso l’altro che lei soffocava nel cuore. Incredibilmente la telefonata si chiude con il suo consenso ad incontrarmi. Nell’intervallo tra quella telefonata e 1’incontro la mia ansia diventava grande, e il timore di dire qualcosa di sbagliato a volte mi faceva mancare il respiro. Mi davano forza le persone del Movimento che mi sostenevano, ascoltando i miei timori e incoraggiandomi.

    Con Paola c’incontriamo alla stazione, alle due di un pomeriggio caldissimo d’agosto. Stiamo insieme e parliamo per quasi quattro ore. Mi parla di questo bimbo che c’è ma non c’è, del suo passato, delle sue scelte, dei suoi progetti in cui non è incluso nessun bambino, di Luca che è troppo buono e gentile, dei rapporti precedenti con un uomo violento, della famiglia che vede questo evento come la possibilità che lei finalmente “metta la testa a posto”, ma anche della sua ostilità nei loro confronti.

    Io le parlo di Nicolò, di quando era dentro di me e parlavamo, di quello che può regalare un figlio, della sacralità della vita umana, del rispetto che dobbiamo a chi non può esprimere un parere, del suo averlo visto nell’ecografia di qualche giorno prima, del pericolo di strumentalizzare il suo bimbo per utilizzarlo come arma o ripicca contro la famiglia, della devastazione interiore e della scia di dolore che entra nell’anima delle donne che hanno abortito, e che io ho conosciuto.

    Mi ascolta e d’improvviso mi chiede: “Ma tu, come mamma, come mi vedi?”. La vedo. Glielo dico, sorridendo e immaginandola realmente con un bimbo in braccio, a coccolarlo, ad accudirlo, a cambiarlo, a giocarci, a parlargli sottovoce, a cantargli le canzoncine. Ci lasciamo con la disponibilità ad incontrarci ancora, se lei lo desidera, e con un appuntamento per parlare con una nostra psicologa volontaria.

    Poi, nei giorni successivi, un incalzare di momenti: Paola dalla psicologa, Paola con il certificato per l’Ivg da fare qualche giorno dopo, Paola che mi dice esplicitamente che vuole essere lasciata in pace. Ma anche Luca che teme di perdere il figlio, Luca che d’improvviso manifesta timore per questa relazione con una ragazza cosi complessa, Luca che sta per cedere le armi e lasciarla sola.

    Lasciarli soli? Io non posso più chiamare Paola e faccio fatica a parlare con Luca nei momenti in cui si trova da solo, ma gli mando degli sms per rinforzare la sua paternità e ricordargli che l’aborto è sempre causato dalla solitudine vera, apparente, oggettiva, vissuta, di una donna. Intanto imbastisco una rete di persone che pensano e pregano intensamente per loro.

    Poi, quel messaggio sul cellulare da Luca, una domenica sera: “Domani niente intervento. Teniamo il bambino”. La bimba di Paola e Luca nascerà a metà febbraio. Grazie al loro coraggio e alla scommessa di fiducia che hanno fatto nei confronti della vita.

     

    (“Il foglietto che ci informa”, dicembre 2007)

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